Venerdì, 11 Ottobre 2024
Daniele Pallante

Daniele Pallante

SOCIETA’ - Nasce un nuovo, grande polo nel cuneese, con lo storico marchio del Cuneo 1905 e lo stadio Paschero portati dal Cuneo FC, e la solida realtà dell’Olmo, che ha l’Eccellenza, tutte le giovanili regionali e la Scuola calcio Èlite


“Venerdì 11 dicembre la società sportiva dilettantistica Cuneo FC e l’Asd Olmo si uniscono in un unico progetto sportivo con l’obiettivo di riportare il calcio cuneese ai grandi fasti di un tempo, dopo un anno denso di difficoltà, investendo sempre più sul settore giovanile. A inizio 2021 si terrà una conferenza stampa per presentare i componenti della dirigenza e gli obiettivi della stagione sportiva 2021/22”.

Con questo comunicato stampa, pubblicato sul sito ufficiale dell’Olmo, viene annunciata la fusione che rinnoverà il panorama calcistico cuneese e regionale nella prossima stagione. Mancano i dettagli, a partire dal nome della nuova società e dall’organigramma, ma la prospettiva è chiara: unire le forze tra un marchio storico e in cerca di rilancio, che si porta in dote lo stadio Paschero, e una società in salute come quella biancorossa, che vanta la Prima squadra in Eccellenza, un Settore giovanile con tutte le squadre iscritte ai regionali e una Scuola calcio Èlite.

La fusione sarà il coronamento di un lungo corteggiamento, incentrato sulla contesa per avere il marchio storico del Cuneo 1905, società dichiarata fallita nel dicembre 2019. All’inizio della scorsa stagione era nato, sotto l’ala protettiva del Comune, il Cuneo FC del presidente Mario Castellino, che in estate aveva vinto l’asta per avere il marchio del Cuneo 1905 proprio contro l’Olmo e altri due investitori privati. Ma evidentemente la società del presidente Riccardo Andreis non si è fermata a quella parziale sconfitta, anzi proprio da lì nasce la trattativa che ha portato all’annunciato “unico progetto sportivo con l’obiettivo di riportare il calcio cuneese ai grandi fasti di un tempo”. Per i dettagli, bisognerà aspettare gennaio 2021.

PANCHINA - L’ex selezionatore della rappresentativa regionale, già allenatore nelle giovanili nazionali di Ivrea, Alessandria e Canavese, prende il posto di Emiliano Ferrari. “Qui al Lascaris ho iniziato 15 anni fa, è il modo migliore per ricominciare. Stiamo studiando come riprogrammare l’attività, la salute viene prima di tutto”


Claudio Frasca è il nuovo allenatore dell’Under 17 del Lascaris: la società bianconera ha scelto l’ex selezionatore della rappresentativa regionale per sostituire Emiliano Ferrari. “Per i nostri 2004 - spiega il presidente Vincenzo Gaeta - abbiamo mantenuto una guida tecnica di altissimo livello, per portare avanti il lavoro iniziato in questa difficile stagione”.

Dottore specializzato massoterapia, posturologia e rieducazione motoria, allenatore nelle giovanili nazionali con Ivrea, Alessandria e Canavese, da quattro anni in Federazione nello staff delle rappresentative e anche nello scouting delle selezioni nazionali, Frasca ritrova una panchina importante dopo tante stagioni: “Torno a fare quello che mi piace di più, sono molto contento, non vedo l’ora di poter incominciare sul campo” spiega il neo allenatore bianconero, che poi entra nello specifico: “Dopo le esperienze con le giovanili nazionali, sono stato fermo tre anni in cui mi sono dedicato alla formazione e alla crescita del mio studio medico. Con le rappresentative questa sarebbe stata la quarta stagione, ma anche quest’anno non si giocherà il Torneo delle Regioni e rischiavo di stare fermo altri sei mesi. La chiama di Christian Balice è arrivata nel momento giusto. Stare in campo con i giovani è sempre bello, ma allenare tutti i giorni è diverso dal lavoro del selezionatore: insomma non ci abbiamo messo molto a trovare l’accordo”.

La rosa dei 2004 del Lascaris è davvero importante, Frasca non si nasconde: “Una squadra importante e competitiva, costruita per vincere, con tanti ragazzi che ritrovo dalle esperienze con le rappresentative, finora allenata da un mister che stimo molto come Ferrari. Mi sembra il modo migliore per rientrare a lavorare con le società, per di più in un ambiente che conosco bene perché è qui al Lascaris che ho iniziato 15 anni fa come responsabile della Scuola calcio e preparatore atletico, prima di andare all’Albese con Scola e iniziare da lì la mia carriera che mi ha portato ad allenare per quattro anni nelle giovanili nazionali”.

Idee chiare anche sugli obiettivi: “È una grande opportunità per costruire qualcosa di importante: non voglio fare promesse e come sempre sarà il campo a decidere, ma non posso negare che questa squadra è stata costruita per vincere. Non dobbiamo mai dimenticare che il calcio è un gioco, dobbiamo giocare e divertirci al massimo. Ma io, quando perdo, non mi diverto tanto…”

Questa stagione tormentata è gravata da un enorme punto di domanda. Anche se è possibile riprendere gli allenamenti, per quanto in forma individuale, quando e come si giocherà? “È un enorme problema, i ragazzi stanno soffrendo l’impossibilità di allenarsi e fare attività fisica, che rischia di avere conseguenze spiacevoli sulla salute, prima che sul calcio. Per ora ho avuto solo un approccio con i ragazzi - conclude Frasca - ma dobbiamo capire in questi giorni come riprogrammare l’attività. Io non vedo l’ora di iniziare, fosse per me sarei già in campo, ma bisogna fare scelte prudenti, condivise, razionali.

RIFORMA DELLO SPORT - È scontro totale sull’eliminazione del vincolo sportivo approvato dal Consiglio dei Ministri all’interno dei decreti di riforma dello sport, con cinque decreti che riguardano “le tutele per i lavoratori sportivi, il professionismo femminile, l’accesso degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili dello Stato, l’abolizione del vincolo sportivo per i più giovani sostituito da un premio di formazione”, come annunciato dal Ministro Spadafora in persona. Ora la discussione deve passare alla conferenza delle Regioni e alle commissioni parlamentari competenti. Se - come sembra - ci sarà un via libera definitivo, verrà eliminato il vincolo sportivo per i giovani e per i dilettanti, adeguandoli di fatto ai professionisti.


LND, COSIMO SIBILIA: “GRAVE MINACCIA PER L’ESISTENZA DEL CALCIO DILETTANTISTICO”

Una diga per opporsi alla catastrofe. È questa l'immagine che chiarisce la posizione della Lega Nazionale Dilettanti rispetto alla modifica per decreto legislativo del vincolo e all'introduzione di nuove norme in materia di lavoro sportivo. La LND, che rappresenta 12 mila società di calcio dilettantistico in Italia, si dichiara infatti totalmente contraria a qualsiasi variazione alle norme attualmente in vigore e che regolano questi due ambiti dell'attività sportiva.

"Le norme sul vincolo sportivo presenti nei decreti attuativi rappresentano una grave minaccia per l'esistenza del calcio dilettantistico a partire dalle scuole calcio, coinvolgendo l'intera filiera dell'attività giovanile, che è la vera risorsa del movimento unitamente all'attività delle prime squadre fondata principalmente sulla valorizzazione dei giovani - non usa mezzi termini il Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Cosimo Sibilia, nel commentare l'approvazione dei testi da parte del Consiglio dei Ministri - Il vincolo di tesseramento, invece, assunto con le tutele già presenti, costituisce un elemento essenziale di sussistenza per ogni singola società dilettantistica, pertanto va mantenuto nella sua attuale regolamentazione. Non esistono, in senso assoluto, forme d’indennizzo che possano surrogarlo. E poi come si può pensare, specie in questo particolare momento storico, di mettere sulle spalle delle ASD anche il fardello dei rapporti di lavoro, dimenticando completamente i sacrifici e gli oneri già pesantissimi che gravano su realtà che basano la loro opera sul volontariato?".

Il decreto legislativo sul lavoro sportivo assesterà un duro colpo alle ASD e SSD che dovranno considerare i loro atleti dilettanti (in contrasto con le norme della FIGC) come lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS con aggravio di costi e incombenze di versamenti, registrazione, ecc., fermo restando che quei contributi non arriveranno mai ai destinatari in quanto la vita sportiva di un atleta si esaurisce nell’arco di pochi anni e la loro concorrenza ad una futura ipotetica pensione consterebbe di poche decine di euro.

Non solo, nella legge di bilancio, in corso di approvazione in Parlamento, è prevista l’abolizione della norma recata dall’art. 4 del DPRE n. 633/72 che stabilisce l’esonero dall’IVA delle attività rese dalle associazioni sportive nei confronti dei soci, tesserati e partecipanti. Dette attività, finora considerate non commerciali, con la norma che si sta introducendo con la legge di bilancio, verrebbero ricondotte nel campo IVA con obblighi di fatturazione e registrazione che renderanno sempre più difficile la vita dell’associazionismo sportivo.

La Lega Nazionale Dilettanti chiede quindi l'intervento deciso della Federazione Italiana Giuoco Calcio. "La FIGC, titolare in materia, deve attivarsi in totale opposizione a queste paventate norme che, se entrassero in vigore, decreterebbero l’estinzione di migliaia di Società affiliate alla stessa Federazione - dichiara Sibilia - Rispetto alla questione del vincolo la LND non si è mai sottratta al dialogo con tutti i soggetti coinvolti, a partire dall'AIC, coordinandosi con la FIGC".

“Ci troviamo perfettamente in linea con le dichiarazioni del Presidente Sibilia - afferma il Presidente Christian Mossino -. Il provvedimento penalizza fortemente il sistema calcistico, che a causa di questa pandemia riversa già in gravi sofferenze, pertanto supporteremo, per quanto di nostra competenza, tutte le azioni che la Federazione e la Lega vorranno intraprendere affinchè non trovi effettiva attuazione”.

Fonti: www.lnd.it e piemontevda.lnd.it

CHE COS’E’ IL VINCOLO SPORTIVO

Ma che cos’è il vincolo sportivo? È l’obbligo di svolgere la propria attività sportiva agonistica solamente per conto della società per la quale è tesserato: questo avviene per i professionisti (non in virtù del vincolo stesso, che è stato abolito nel 1981, con le successive modifiche del cosiddetto “decreto Bosman” del 1986, ma dal contratto di lavoro sportivo in esclusiva) che per i dilettanti.

Secondo l’articolo 31 delle NOIF (norme organizzative interne della FIGC) i giovani dagli 8 ai 16 anni possono essere tesserati per società che svolgono attività esclusiva nel Settore giovanile e nella divisione femminile con “vincolo per la sola durata della stagione sportiva, al termine della quale è libero/a di diritto”. Dal 14° anni di età (ma di fatto dal 16°, visto il punto precedente), in virtù dell’articolo 32, possono “assumere con la società della Lega Nazionale Dilettanti o della Divisione Calcio Femminile, per la quale sono già tesserati, vincolo di tesseramento sino al termine della stagione sportiva entro la quale abbiano anagraficamente compiuto il 25° anno di età, acquisendo la qualifica di “giovani dilettanti”. Il vincolo dei “giovani di serie”, ossia quelli tesserati per una società professionistica, termina al 19° anno di età.

Con il vincolo, il giocatore non può cambiare squadra se non con il consenso della società titolare del cartellino, a meno di casi particolari: sottoscrizione di un contratto da professionista, cambio di residenza, fallimento della società di appartenenza, mancata partecipazione alle prime quattro gare ufficiali durante la stagione sportiva. Per essere “libero” di cambiare squadra al 30 giugno di ogni anno, il rimedio è rappresentato dalla sottoscrizione, all’atto di ogni tesseramento, dello “svincolo per accordo” tra il calciatore e la società (il famoso articolo 108 delle NOIF).

Come in tutte le situazioni, ci sono vantaggi e svantaggi rispetto ai punti di vista. Molti giovani abbandonano l’attività agonistica non potendo scegliere con quale società giocare, così come non è un segreto che molte famiglie hanno dovuto metterci dei soldi per “liberare” i propri figli dal vincolo (con una pratica che, ricordiamolo, è illegale).

Se da un lato, dunque, l’abolizione del vincolo favorirebbe la libertà sportiva del calciatore dilettante, dall’altro, senza la tutela dei vincoli, le società difficilmente potrebbero sopravvivere e, soprattutto, non avrebbero nessun interesse ad investire nel Settore giovanile. Bisognerebbe dare più importanza ai premi di preparazione e formazione, ovvero il riconoscimento economico che la società di approdo deve versare alle società precedenti (le ultime tre) che hanno “insegnato” al giovane a diventare calciatore, secondo delle tabelle che tengono conto degli anni di permanenza e della categoria di destinazione. E anche a Federazione dovrebbe premiare i club in cui crescono i giovani, anche nei casi in cui non si affaccino al professionismo.

Invece, il “premio di formazione tecnica” previsto dalla riforma sarebbe corrisposto solo all’ultima società dilettantistica, amatoriale o giovanile ed esclusivamente in occasione del primo contratto di lavoro sportivo sottoscritto dall’atleta (non più in seguito al tesseramento). Anche in questo caso ci sono delle scorciatoie che tutti conoscono, come la creazione di società satellite fittizie da parte di società professionistiche. Comunque, con l’addio o il ridimensionamento degli introiti derivanti dalle premialità, le società per sopravvivere dovranno percorrere nuove strade, come l’aumento delle rette annuali che versano le famiglie dei giovani calciatori.

RIFORMA DELLO SPORT - È scontro totale sull’eliminazione del vincolo sportivo approvato dal Consiglio dei Ministri all’interno dei decreti di riforma dello sport, con cinque decreti che riguardano “le tutele per i lavoratori sportivi, il professionismo femminile, l’accesso degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi militari e nei corpi civili dello Stato, l’abolizione del vincolo sportivo per i più giovani sostituito da un premio di formazione”, come annunciato dal Ministro Spadafora in persona. Ora la discussione deve passare alla conferenza delle Regioni e alle commissioni parlamentari competenti. Se - come sembra - ci sarà un via libera definitivo, verrà eliminato il vincolo sportivo per i giovani e per i dilettanti, adeguandoli di fatto ai professionisti.


LND, COSIMO SIBILIA: “GRAVE MINACCIA PER L’ESISTENZA DEL CALCIO DILETTANTISTICO”

Una diga per opporsi alla catastrofe. È questa l'immagine che chiarisce la posizione della Lega Nazionale Dilettanti rispetto alla modifica per decreto legislativo del vincolo e all'introduzione di nuove norme in materia di lavoro sportivo. La LND, che rappresenta 12 mila società di calcio dilettantistico in Italia, si dichiara infatti totalmente contraria a qualsiasi variazione alle norme attualmente in vigore e che regolano questi due ambiti dell'attività sportiva.

"Le norme sul vincolo sportivo presenti nei decreti attuativi rappresentano una grave minaccia per l'esistenza del calcio dilettantistico a partire dalle scuole calcio, coinvolgendo l'intera filiera dell'attività giovanile, che è la vera risorsa del movimento unitamente all'attività delle prime squadre fondata principalmente sulla valorizzazione dei giovani - non usa mezzi termini il Presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Cosimo Sibilia, nel commentare l'approvazione dei testi da parte del Consiglio dei Ministri - Il vincolo di tesseramento, invece, assunto con le tutele già presenti, costituisce un elemento essenziale di sussistenza per ogni singola società dilettantistica, pertanto va mantenuto nella sua attuale regolamentazione. Non esistono, in senso assoluto, forme d’indennizzo che possano surrogarlo. E poi come si può pensare, specie in questo particolare momento storico, di mettere sulle spalle delle ASD anche il fardello dei rapporti di lavoro, dimenticando completamente i sacrifici e gli oneri già pesantissimi che gravano su realtà che basano la loro opera sul volontariato?".

Il decreto legislativo sul lavoro sportivo assesterà un duro colpo alle ASD e SSD che dovranno considerare i loro atleti dilettanti (in contrasto con le norme della FIGC) come lavoratori iscritti alla Gestione Separata INPS con aggravio di costi e incombenze di versamenti, registrazione, ecc., fermo restando che quei contributi non arriveranno mai ai destinatari in quanto la vita sportiva di un atleta si esaurisce nell’arco di pochi anni e la loro concorrenza ad una futura ipotetica pensione consterebbe di poche decine di euro.

Non solo, nella legge di bilancio, in corso di approvazione in Parlamento, è prevista l’abolizione della norma recata dall’art. 4 del DPRE n. 633/72 che stabilisce l’esonero dall’IVA delle attività rese dalle associazioni sportive nei confronti dei soci, tesserati e partecipanti. Dette attività, finora considerate non commerciali, con la norma che si sta introducendo con la legge di bilancio, verrebbero ricondotte nel campo IVA con obblighi di fatturazione e registrazione che renderanno sempre più difficile la vita dell’associazionismo sportivo.

La Lega Nazionale Dilettanti chiede quindi l'intervento deciso della Federazione Italiana Giuoco Calcio. "La FIGC, titolare in materia, deve attivarsi in totale opposizione a queste paventate norme che, se entrassero in vigore, decreterebbero l’estinzione di migliaia di Società affiliate alla stessa Federazione - dichiara Sibilia - Rispetto alla questione del vincolo la LND non si è mai sottratta al dialogo con tutti i soggetti coinvolti, a partire dall'AIC, coordinandosi con la FIGC".

“Ci troviamo perfettamente in linea con le dichiarazioni del Presidente Sibilia - afferma il Presidente Christian Mossino -. Il provvedimento penalizza fortemente il sistema calcistico, che a causa di questa pandemia riversa già in gravi sofferenze, pertanto supporteremo, per quanto di nostra competenza, tutte le azioni che la Federazione e la Lega vorranno intraprendere affinchè non trovi effettiva attuazione”.

Fonti: www.lnd.it e piemontevda.lnd.it

CHE COS’E’ IL VINCOLO SPORTIVO

Ma che cos’è il vincolo sportivo? È l’obbligo di svolgere la propria attività sportiva agonistica solamente per conto della società per la quale è tesserato: questo avviene per i professionisti (non in virtù del vincolo stesso, che è stato abolito nel 1981, con le successive modifiche del cosiddetto “decreto Bosman” del 1986, ma dal contratto di lavoro sportivo in esclusiva) che per i dilettanti.

Secondo l’articolo 31 delle NOIF (norme organizzative interne della FIGC) i giovani dagli 8 ai 16 anni possono essere tesserati per società che svolgono attività esclusiva nel Settore giovanile e nella divisione femminile con “vincolo per la sola durata della stagione sportiva, al termine della quale è libero/a di diritto”. Dal 14° anni di età (ma di fatto dal 16°, visto il punto precedente), in virtù dell’articolo 32, possono “assumere con la società della Lega Nazionale Dilettanti o della Divisione Calcio Femminile, per la quale sono già tesserati, vincolo di tesseramento sino al termine della stagione sportiva entro la quale abbiano anagraficamente compiuto il 25° anno di età, acquisendo la qualifica di “giovani dilettanti”. Il vincolo dei “giovani di serie”, ossia quelli tesserati per una società professionistica, termina al 19° anno di età.

Con il vincolo, il giocatore non può cambiare squadra se non con il consenso della società titolare del cartellino, a meno di casi particolari: sottoscrizione di un contratto da professionista, cambio di residenza, fallimento della società di appartenenza, mancata partecipazione alle prime quattro gare ufficiali durante la stagione sportiva. Per essere “libero” di cambiare squadra al 30 giugno di ogni anno, il rimedio è rappresentato dalla sottoscrizione, all’atto di ogni tesseramento, dello “svincolo per accordo” tra il calciatore e la società (il famoso articolo 108 delle NOIF).

Come in tutte le situazioni, ci sono vantaggi e svantaggi rispetto ai punti di vista. Molti giovani abbandonano l’attività agonistica non potendo scegliere con quale società giocare, così come non è un segreto che molte famiglie hanno dovuto metterci dei soldi per “liberare” i propri figli dal vincolo (con una pratica che, ricordiamolo, è illegale).

Se da un lato, dunque, l’abolizione del vincolo favorirebbe la libertà sportiva del calciatore dilettante, dall’altro, senza la tutela dei vincoli, le società difficilmente potrebbero sopravvivere e, soprattutto, non avrebbero nessun interesse ad investire nel Settore giovanile. Bisognerebbe dare più importanza ai premi di preparazione e formazione, ovvero il riconoscimento economico che la società di approdo deve versare alle società precedenti (le ultime tre) che hanno “insegnato” al giovane a diventare calciatore, secondo delle tabelle che tengono conto degli anni di permanenza e della categoria di destinazione. E anche a Federazione dovrebbe premiare i club in cui crescono i giovani, anche nei casi in cui non si affaccino al professionismo.

Invece, il “premio di formazione tecnica” previsto dalla riforma sarebbe corrisposto solo all’ultima società dilettantistica, amatoriale o giovanile ed esclusivamente in occasione del primo contratto di lavoro sportivo sottoscritto dall’atleta (non più in seguito al tesseramento). Anche in questo caso ci sono delle scorciatoie che tutti conoscono, come la creazione di società satellite fittizie da parte di società professionistiche. Comunque, con l’addio o il ridimensionamento degli introiti derivanti dalle premialità, le società per sopravvivere dovranno percorrere nuove strade, come l’aumento delle rette annuali che versano le famiglie dei giovani calciatori.

 

PANCHINA - Finisce dopo un anno e mezzo la collaborazione tra il tecnico romano e la società bianconera, che ora deve trovare un nuovo allenatore per l'Under 17. Vincenzo Gaeta: "Scelta sofferta, ma le nostre strade si dividono"


È finita la collaborazione tra il Lascaris ed Emiliano Ferrari, allenatore della corrazzata Under 17. Nel contesto delle difficoltà dovute alla sospensione dei campionati, che stanno mettendo a durissima prova le società, è arrivata la rottura insanabile tra l’allenatore romano e la dirigenza lascarina, anche se il presidente Vincenzo Gaeta usa parole concilianti: “Nessuna polemica, non serve a nessuno in questo momento, anzi devo dire che è stata una scelta sofferta e dolorosa. Semplicemente Ferrari non è più un allenatore del Lascaris, le nostre strade si dividono. Lo ringraziamo per il lavoro svolto in questo anno e mezzo, ora ragioniamo per trovare una soluzione di livello, per dare a questo gruppo, che è davvero importante, una guida all’altezza della situazione”.

Vista la sospensione dei campionati e l’incertezza sulla ripartenza, la società bianconera avrà tutto il tempo per decidere, senza dimenticare che ci sono anche delle possibili soluzioni interne.

LA STORIA - Prima da titolare in un campionato professionistico, con la maglia del Pontedera, per il difensore classe 2002 che nella sua carriera ha giocato con Juventus, Chisola, Torino e Cuneo


Esordio in serie C, grande prestazione e vittoria di squadra: la domenica perfetta di Mattia Pretato è andata in scena ieri, sul campo della Giana Erminio, dove il Pontedera ha vinto 2-3 (quinto successo in dieci partite per i granata, ma dopo ben tre turni di astinenza) con il 2002 piazzato al centro della difesa a tre, in un ruolo che – di solito – viene assegnato alla guida della squadra.

Juventus, Chisola, Torino, Cuneo e Pontedera (con l’intermezzo del prestito al Ponsacco) sono le tappe della carriera del giovane difensore, gestito dal consulente di mercato Vincenzo Catera: cresciuto in bianconero, rilanciato dalla società del presidente Luca Atzori con quel gruppo di 2002 che ha vinto tutto e lanciato tanti talenti (su tutti Alessandro Bianco, ora alla Fiorentina), poi rientrato nel professionismo al Torino in Under 18, prestato al Cuneo e finalmente da due anni in Toscana, dove ha trovato la sua giusta dimensione. In estate ha firmato il primo contratto da professionista, la settimana scorsa la sua prima panchina per “assaggiare” il mondo della serie C, domenica l’esordio, con tanto di prestazione autoritaria e vittoria di squadra.

La partita è stata indirizzata nel primo tempo, con la rete di Stanzani e la doppietta di Magrassi a firmare il parziale di 0-3; ma i lombardi non si sono arresi, hanno accorciato le distanze in chiusura del primo tempo e si sono fatti sotto a metà ripresa. Così scrive “La Nazione”, il più importante giornale della Toscana: “La baby difesa del Pontedera (due '99, il portiere Sarri e Vaccaro, un 2000, Matteucci, e un 2002, Pretato, al debutto in serie C) però ha retto fino al triplice fischio, conservando una vittoria che rilancia in classifica la squadra”.

Una grande soddisfazione per Pretato, all’esordio nel professionismo a soli 18 anni. Ed è solo l’inizio…

LUTTO - Dopo Ottavio Porta, un altro storico personaggio del calcio torinese se ne va: per vent'anni è stato presidente della società che aveva contribuito a fondare con la fusione tra Pertusa e Biglieri, e che ha segnato con la sua gestione familiare e piena di passione


Questo maledetto 2020 si è portato via un altro dei grandi presidenti che hanno costruito il calcio torinese e piemontese come lo conosciamo oggi: nella notte è mancato Mauro Grieco, 75 anni, storico presidente del Pertusa Biglieri, società di via Genova che per tanti anni è stato un riferimento a Torino sud.

Grieco, che nel Pertusa ha giocato da ragazzo, è stato l’artefice della fusione tra il Pertusa (il cui presidente all’epoca era l’avvocato Sorrentino) e il “suo” Biglieri, con il vicepresidente Pier Augusto Righetti a fare da trait d’union tra le due società. Era il 1997, per vent’anni Mauro Grieco è stato presidente del Pertusa Biglieri, fino alla fusione con il Kl del 2017, che ha portato alla nascita del Kl Pertusa con il passaggio di presidenza a Giorgio Manavella.

Insieme ai figli Maurizio e Michele, Grieco ha gestito la società con capacità e lungimiranza, riuscendo ad abbinare un’atmosfera familiare e una passione autentica, genuina, con ambizioni sportive che hanno portato tanti successi soprattutto nel Settore giovanile. La redazione di 11giovani e giocaacalcio si unisce al dolore delle tante persone che lo hanno conosciuto e apprezzato, e porge le sue più sentite condoglianze alla famiglia Grieco.

INTERVISTA - Classe 2002 cresciuto tra Bruinese, Venaria, Rivoli e Gozzano, il difensore centrale è tesserato per la società toscana: "Gli allenatori a cui devo di più sono Salvatore Praino, Fabio Tessarin e Andrea Canavese. Il mio punto di forza è la determinazione, lavoro ogni giorno per migliorare i miei difetti”


Nicholas, presentati e raccontaci la tua carriera.
“Sono nato il primo aprile 2002 a Torino, da questa estate sono tesserato con la Lucchese 1905 ed è il mio secondo anno nel mondo dei professionisti, l’anno scorso ero al Gozzano. Prima di quell’esperienza ho giocato in diverse squadre dilettanti, tra cui Bruinese, Venaria e Rivoli”.

In che ruolo giochi?
“Il mio ruolo è difensore centrale, ma in passato ho fatto il centrocampista e anche l’attaccante”.

La tua squadra del cuore? C’è un giocatore a cui ti ispiri?
“Tifo Juventus e i miei idoli sono Cristiano Ronaldo e Sergio Ramos”.

Qual è il tuo punto di forza sul campo da calcio?
“Il mio punto di forza è la determinazione, voglio migliorare sempre di più e cerco d’imparare qualcosa da ogni giocatore che incontro, perché sono dell’idea che con il duro lavoro puoi raggiungere tutti i tuoi obiettivi”.

In cosa, invece, devi migliorare?
“Ci sono tante cose che devo migliorare, ma ogni giorno lavoro proprio per quello”.

Raccontaci il tuo gol più bello.
“Se ripenso al mio gol più bello me ne vengono in mente tanti di quando ero piccolo, ma forse quello più significativo per me mi lo feci all’ultima partita dell’anno scorso, fu il gol del pareggio contro i primi in classifica, e fu il coronamento di una stagione di continuo miglioramento per me”.

L’allenatore a cui sei più legato? Cosa ti ha insegnato?
“Me ne vengono in mente tre: Salvatore Praino, il mio allenatore al Gozzano, che ha creduto in me e mi ha insegnato moltissimo. Fabio Tessarin, che forse fu il primo a vedere qualcosa e credere in me, e lo fece probabilmente nel periodo più brutto a livello calcistico personalmente. Andrea Canavese, il mio primo allenatore, che mi fece innamorare di questo sport”.

Quali sono le altre figure fondamentali per la tua carriera?
“Un’altra figura fondamentale per la mia carriera è mio padre, negli anni è sempre stato al mio fianco ovunque andassi e mi ha sempre sostenuto e aiutato, dicendomi le cose come stavano e non illudendomi mai, probabilmente senza i suoi insegnamenti sarei un giocatore e una persona diversa”.

Sei arrivato nel professionismo: punto di arrivo o punto di partenza?
“Il professionismo è un punto di partenza, da quando sono piccolo ho un sogno e farò di tutto per realizzarlo, e questa è una grande opportunità per farlo”.

Usciamo dal campo: che passioni hai oltre il calcio?
“Al di fuori del campo sono una persona socievole, mi piace stare con le persone, poi amo cucinare e rilassarmi coi videogiochi”.

Fonte: www.vincenzocatera.it

LUTTO - E' mancato questa notte il presidente del Pozzomaina, figura fondamentale del movimento calcistico piemontese


Era un finto burbero, Ottavio Porta. Un uomo grande, con il vocione, abituato a difendere a oltranza le sue posizioni, che non erano mai di comodo, ci credeva davvero. Un grande uomo, generoso, altruista, sincero, sempre sorridente, con un cuore enorme. Era impossibile non volergli bene. Anche chi non condivideva le sue opinioni, mai banali, non poteva non riconoscere il carisma, non poteva non apprezzare la passione che traspariva in tutto quello che faceva.

Sindacalista di vecchio stampo, nel calcio da sempre, Ottavio Porta diventa presidente del Pozzostrada nel 1988 ed è artefice della fusione con il Pino Maina del 1994: da allora, è il presidente del Pozzomaina e lo sarà per sempre. La società è disegnata a sua immagine e somiglianza: calata nei palazzi di via Monte Ortigara, ne è l’espressione popolare e, insieme, il rifugio, dove generazioni di bambini si sono divertiti, hanno imparato il gioco del calcio e le regole della vita. Il presidente non guardava più le partite della Prima squadra, troppe emozioni per il suo cuore già provato, ma i suoi occhi brillavano di orgoglio quando a giocare erano i “suoi” bambini, che gli volevano bene come un nonno.

Il Pozzomaina era la sua famiglia, nel Pozzomaina viveva la sua famiglia: la moglie Lina, i figli Amalia e Franco, il genero Gianni Talladira, i nipoti Alessio, Aurora, Nicolò. In estate era tornato anche Alessandro Bebe Nisticò, che con Teresa e Fabio erano l’altra componente fondante della società e della famiglia Porta. A tutti loro, a tutti noi che lo abbiamo conosciuto e gli abbiamo voluto bene, a tutto il calcio piemontese Ottavio mancherà, tanto.

Ciao presidente, e grazie.

Volete delle risposte facili, delle formule magiche, delle certezze assolute? Cercatele altrove. Il gioco del calcio è un enorme punto di domanda, le variabili sono troppe per essere ridotte alle certezze della matematica. Per diventare un buon allenatore, l’unica cosa da fare è studiare, osservare, essere curiosi, non fidarsi dei professori che hanno sempre la risposta pronta ma scegliere i giusti maestri. E mettersi in gioco di continuo, perché di imparare non si finisce mai. Per usare una formula: “alleniamoci ad allenare”.

È questo il titolo scelto da Andrea Gallelli per il suo primo saggio che, come si legge sulla quarta di copertina, “non è di certo una guida di precetti su come diventare l'allenatore ideale. Piuttosto, con ironia e obiettività, l'autore accompagna il lettore in un viaggio tra i miti legati al mondo del coaching, gli stereotipi, le difficoltà e i sacrifici, ma anche le grandi soddisfazioni che questa esperienza spesso regala”.

L’ironia è la cifra stilistica scelta dall’autore, classe ’75, oggi istruttore nella Scuola calcio della Juventus, in passato a Victoria Ivest, Lascaris e Lucento, oltre alla fondamentale esperienza nel Settore Giovanile e Scolastico della Federazione: toccante per esempio l’esperienza con il calcio integrato, ovvero quello per i ragazzi con disabilità, vissuto insieme ad Andrea Riboni.

La traccia della narrazione è autobiografica, anche se poi il libro si sviluppa per i “grandi temi” che ogni allenatore di Settore giovanile deve affrontare: le sentenze dei professori, le lamentele dei genitori, gli equilibrismi delle società dilettantistiche, la convivenza con i direttori tecnici, i metodi di allenamento e la ricerca del talento. Lungo le pagine, che scorrono veloci, c’è qualche aneddoto divertente (un po’ più di cattiveria, si intende agonistica, poteva anche starci) e ci sono delle figure di riferimento che si stagliano enormi lungo la narrazione, su tutte quelle di Guido Mattei e Antonio Marchio. Mattei, all’epoca all’Ivest, è stato il maestro di calcio per tante generazioni di calciatori e anche di istruttori: celebri i suoi “pizzini” con gli appunti, esilarante la tuta lasciata nel suo ufficio apposta per “invitare” ad allenare i genitori dalla lingua troppo lunga. Di Marchio rimangono un paio di sentenze: “la grandezza non era tanto in quello che faceva, ma in come lo faceva”, riferito proprio a Mattei ma di valore universale. E, bellissima, “saper giocare a calcio non vuol dire poter giocare a calcio”.

Eh sì, perché oltre al talento conta l’allenamento, per i giocatori come per gli allenatori. E non ci si può allenare bene senza la testa, la voglia, l’umiltà. Allenarsi bene non vuol dire per forza diventare dei campioni, tanto solo uno su mille ce la fa. Parliamo del gioco più bello del mondo, parliamo di una palla che rotola: bisogna fare tutto al meglio, certo, ma senza mai dimenticare che le componenti fondamentali, quando si parla di attività di base, sono fair play, divertimento e sogno. Sono queste le priorità di un bravo allenatore, Andrea Gallelli ce lo ricorda in conclusione al suo libro, da leggere tutto d’un fiato.

Andrea Gallelli
“Alleniamoci ad allenare”
Casa editrice Kimerik
14 € (e-book 5,99 €)