Sabato, 27 Aprile 2024
Venerdì, 22 Ottobre 2021 12:13

Marketing e branding - Non solo la famosa J, anche le società dilettantistiche devono occuparsene: ecco perché

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2ª PUNTATA / I LOGHI DI UNA VOLTA - Un'altra novità tra gli editorialisti di giocaacalcio.it. Dopo Mattia Pintus, che ci ha raccontato l'industria dei giovani calciatori in Qatar nella sua rubrica dedicata alle Scuole calcio estere, è la volta di Alessandro Bellin (economista con master in sportmanagement e in data per lo sport), che approfondisce gli argomenti legati al marketing e al branding nel mondo del calcio. Non solo la famosa J, ormai anche le società dilettantistiche se ne stanno occupando: i nuovi loghi di Lascaris e Nichelino Hesperia, le sigle di PSG, PDHAE, BGH...


Sono seduto al tavolino del Bar Sport e sento dei signori discutere. Mi riecheggia nella testa una frase in particolare: “Non c’è più il calcio di una volta, è diventato tutto business”.

Vero, un cambiamento significativo ha colpito il calcio e lo sport negli ultimi anni. La causa è una maggiore complessità nella gestione dei ricavi da parte delle società, che di conseguenza si sono dovute sviluppare sempre più come media company in grado di produrre, gestire e vendere prodotti d’intrattenimento con relativo franchising a seguito. Il cambiamento ha portato a una ristrutturazione e una visione sempre più aziendale rispetto al passato, dove lo sport veniva visto come sola pura pratica sportiva, con poche implicazioni economiche anche a livello professionistico.

La complessità nella gestione dei ricavi per le società sportive è diventata rilevante in tutti i livelli. Nei top club l’organizzazione e il management hanno a disposizione intere aree settoriali con funzioni aziendali e professionisti dedicati, anche se - parlando di sport - si deve sempre tenere conto dell’incertezza del risultato. Nei club delle serie minori invece un’adeguata gestione strategica e l’ottimizzazione dei ricavi può influire anche sul risultato sportivo, soprattutto in un’epoca storica dove ci sono sempre meno presidenti e sponsor che investono grosse quantità di denaro in cambio della sola gloria sportiva.

Siamo passati da una concezione dello sport europea o meglio “alla francese” basato su fattori e variabili come la sociologia, la demografia e il diritto, a una concezione angloamericana, che segue le regole classiche dell’economia, in quanto l’impresa sportiva viene definita come un’impresa che offre un bene sul mercato con lo scopo di massimizzare il profitto. Il cambio di concezione ridefinisce le regole del gioco, i club (anche dilettanti) sono diventati brand con obiettivi di marketing, target e mercati di riferimento, devono saper offrire servizi migliori della concorrenza. La transizione necessità però del supporto di una comunicazione di livello adeguato, con l’obiettivo di migliorare il proprio brand da un punto di vista estetico e di appetibilità; la presenza online è diventata fondamentale, il saper comunicare bene permette di penetrare meglio il mercato e migliorare la percezione esterna del marchio.

Nell’epoca moderna una società che vuole raggiungere un top livello professionistico o dilettante deve investire in comunicazione, i migliori club al mondo stanno investendo sulla propria identità visiva, rendendola più versatile ed efficace.

Raccontando il territorio, quante volte ci capita di vedere la lettera J sui campi dilettantistici piemontesi, che in binomio con Adidas marchia migliaia di tute e magliette di bambini e ragazzi che girano, giocano e si sfidano ogni weekend? L’immaginario comune associa immediatamente la lettera J alla Juve, conseguenza di una strategia di marketing che ha portato nel 2017 la Juventus a sostituire il vecchio logo scudettato in una nuova concezione di brand per una squadra di calcio: una lettera sola, ma inconfondibile, come accade per le iniziali delle grandi franchigie americane di baseball, generando un’associazione spontanea tra lettera e società.

Rimanendo al nostro tanto amato calcio dilettantistico, sono molte le società che negli ultimi anni hanno optato per scelte stilistiche più semplici e lineari: ne sono esempi il restyling del logo del Lascaris bicromatico e lineare, o il Nichelino Hesperia con le nuove NH stilizzate che sostituiscono il vecchio logo. Frequenti anche la scelta di nomi codificati riconoscibili e ricordabili per realtà di provincia unite in sodalizi come il PSG, l’Atletico CBL, il PDHA o la nuova Bruinese Giaveno “BGH”, raggiungendo una maggiore semplicità di nome e un pizzico di “internazionalità”.

La comunicazione e i brand sono diventati minimalisti, la tendenza è un ritorno a un’essenzialità universale, codificando il linguaggio e permettendo di essere facilmente raggiungibile e più versatile possibile verso qualsiasi lingua e/o cultura. Di fatto è un ritorno all’originalità dei loghi di una volta.

Ultima modifica il Mercoledì, 03 Novembre 2021 13:03

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