INTERVISTA - Esploso in Lega Pro l’attaccante cresciuto anche grazie all’ISS: «Avere una completa padronanza del pallone consente di essere più incisivi in tutte le zone di campo, specialmente nel mio ruolo. La continuità in allenamento è decisiva. Ogni singolo movimento, ogni controllo, ogni giocata, allenamento dopo allenamento devono essere costantemente replicati per ricercare la perfezione. Ora sogno la promozione in serie B».
Lorenzo Sgarbi: un bolzanino che fa innamorare Avellino! Parlaci della tua esperienza con la casacca bianco verde e del tuo rapporto con la tifoseria, notoriamente calda e appassionata.
«Quando sono arrivato in Campania ero talmente entusiasta che fremevo dal desiderio di iniziare la mia esperienza in terra irpina e di giocare per una casacca così importante e gloriosa come quella dell'Avellino. La mia speranza era di ambientarmi nel minor tempo possibile e di partire con il piede giusto nella nuova avventura e fortunatamente così è stato. In questo momento, a pochissime giornate dalla fine del girone di andata, occupiamo le prime posizioni della classifica; il campionato è ancora molto lungo, ma noi fino a maggio cercheremo di lottare per ottenere il massimo possibile. Sicuramente l'Avellino sarà sempre in alto per giocarsi qualcosa di importante. Il calore e la passione di questa tifoseria? Non ci sono parole, sono incredibili! Domenica dopo domenica sono pronti a sostenerci diventando, come si dice, il dodicesimo uomo in campo!»
Che tipo di giocatore sei? Quali sono le tue qualità migliori? Dove invece puoi lavorare e migliorare ancora?
«Sono un giocatore offensivo; tra le mie doti principali spiccano l'attacco alla profondità (mi piace andare negli spazi per poi ricevere palla ed essere sempre il più pericoloso possibile) e la qualità tecnica (a detta di coloro che mi vedono giornalmente) che mi dà la possibilità di puntare continuamente il diretto avversario. Per quanto riguarda gli aspetti da migliorare, la prima cosa che mi viene in mente, è di sicuro il colpo di testa. Il miglioramento di questo fondamentale mi permetterebbe di essere un calciatore più completo».
Sei arrivato a inizio stagione carico di buoni propositi e nell'arco di un girone sei diventato un autentico spauracchio per le difese avversarie. Quanto impegno e sudore ci sono dietro alla tua affermazione?
«Tantissimi. Un mio tatuaggio recita che dietro ad ogni risultato c'è sempre e solo tanto sacrificio. È il mio dogma, il mio credo. Dal primo giorno di preparazione estiva non c’è stato un momento in cui io abbia abbassato l’attenzione. Impegno, sudore, dedizione e desiderio costante di migliorare mi stanno permettendo finalmente di togliermi qualche soddisfazione. Ma è solo l'inizio di un lungo percorso...»
Sei un giocatore dotato di un’ottima qualità: quanto reputi sia importante l'aspetto tecnico nel gioco del calcio moderno? E quanto consideri importante l'allenamento della tecnica, anche individuale, per un calciatore professionista?
«Sicuramente la consapevolezza tecnica è molto importante. Avere una completa padronanza del pallone consente di essere più incisivi in tutte le zone di campo, specialmente nel mio ruolo. Ho conosciuto tanti ragazzi che inizialmente facevano un po’ di fatica dal punto di vista tecnico, con il tempo e il duro lavoro sono riusciti a migliorare in maniera esponenziale».
17 partite compresa la Coppa Italia, 6 gol e 5 assist: decisivo è sicuramente l'aggettivo che più ti si addice. In questo momento quali sono, a tuo modo di vedere, le attitudini fondamentali negli ultimi venticinque metri? Come alleni questi aspetti durante la settimana?
«In un calcio che si sta livellando in tutte le categorie credo che gli ultimi 25 metri siano decisivi. Io li chiamo i metri della giocata individuale! È una zona in cui l'estro, la fantasia e la personalità di un calciatore vengono fuori e fanno la differenza. Poi l'uno contro uno, il duello con il diretto avversario sono lo spettacolo che ogni tifoso allo stadio vuole vedere. Ad ogni modo la continuità in allenamento è decisiva. Ogni singolo movimento, ogni controllo, ogni giocata, allenamento dopo allenamento devono essere costantemente replicati per ricercare la perfezione».
Pochi giorni fa Luis Alberto ha rilasciato dichiarazioni pesanti sulla mancanza di talento nel calcio: “È sempre più difficile vedere oggi un Del Piero, un Iniesta o uno Zidane”. Cosa ne pensi? Appurato che il talento è qualcosa di innato, un'impronta più tecnica e meno tattica nei primi anni di attività dei giovani calciatori potrebbe essere una soluzione?
«La questione è delicata, io sono giovane e credo che quello fosse un calcio diverso; i ritmi erano diversi così come tempi delle giocate. Era, a mio avviso, un calcio completamente differente. Voglio credere che l'Italia sia ancora una fucina di talenti e che con il tempo e soprattutto con pazienza riusciranno a sbocciare e ad affermarsi».
Durante la tua esperienza tra le fila della Primavera del Napoli hai condiviso il terreno di gioco con grandi giocatori. Qual è, secondo te, la differenza principale tra la Lega Pro e la serie A? Cosa manca al giocatore Lorenzo Sgarbi per raggiungere un grande palcoscenico?
«La velocità di esecuzione, la velocità di scelta, pensare in maniera diversa e più repentina quando sta per arrivarti il pallone. Adeguarsi il più velocemente possibile a un qualcosa che non ti aspetti. Ecco, queste a mio parere sono le differenze più evidenti tra le categorie. In molti credono che il 'calcio vero' sia un calcio irraggiungibile e impensabile, ma sono convinto che non sia così. Ho avuto compagni di squadra che hanno giocato e lottato per salvarsi su campi difficilissimi di Lega Pro e che dopo pochi anni hanno calcato il terreno del tempio del calcio, del Santiago Bernabeu».
Ad Avellino hai avuto un incremento di rendimento sotto tutti i punti di vista tanto è vero che diverse squadre di livello hanno iniziato a prendere informazioni su di te. Augurandoti di sbarcare a breve nel calcio che conta ti facciamo una domanda: cosa deve avere oggi un ragazzo di 22 anni per giocare ad altissimi livelli in Italia?
«Confermo quello che ho detto in precedenza: mi piace parlare di percorsi. Percorsi di crescita che ti permettono di formarti, prepararti ed essere pronto al momento giusto. Non tutti hanno gli stessi tempi, c'è chi arriva prima, c'è chi arriva dopo e c'è chi, nonostante abbia messo sul piatto tutti i suoi ingredienti, non arriva mai. Gli aspetti che incidono sulla carriera di un giovane calciatore sono molteplici e alla fine la componente fortuna può essere decisiva».
Ultima domanda! 1987-1988 ultima stagione dell’Avellino in Serie A. 2017-2018 ultima apparizione dell'Avellino in serie B. Ci pensi mai alla doppia promozione?
«Sarebbe un vero e proprio sogno! In questo momento mi “accontenterei” di una promozione in serie B. In una piazza come quella di Avellino si ricorderebbe per sempre! E per il resto... tempo al tempo».
LORENZO SGARBI
“Se compagni e tifosi iniziano a soprannominarti “l’uragano”, un motivo serio deve esserci”. Incomincia così il ritratto che la Gazzetta dello Sport ha dedicato a Lorenzo Sgarbi, attaccante classe 2001 che, nonostante sia alto 1.89 m, non è una classica prima punta, ma può giocare anche come trequartista ed esterno sinistro.
Nato a Bolzano e cresciuto nella Virtus Don Bosco, passa al Sudtirol in Under 16 e da lì al Napoli, nel 2017, scoperto nientemeno che da Cristiano Giuntoli. Gli azzurri lo mandano in prestito a Legnago, Renate e Pro Sesto, prima dell’esplosione con la maglia dell’Avellino, dove ha conquistato una maglia da titolare e segnato 6 gol in 17 presenze.