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Venerdì, 19 Giugno 2015 15:51

Fútbol. Storie di calcio

Scritto da Giovanni Falconieri
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«Sono venticinque i racconti che ho qui riunito. Venticinque racconti che formano una squadra di personaggi comici e drammatici, stralunati e affascinanti, fantasmi che vengono fuori da un posto qualunque. E tutti indimenticabili. Perché sono così le storie di calcio: risate e pianti, pene ed esaltazioni. Come la vita»...

E che la vita sia fatta di risate e pianti, di pene ed esaltazioni, lo sa bene Osvaldo Soriano, centravanti di buone speranze fino a che la carriera calcistica non gli venne stroncata da un brutto incidente, cronista sportivo poi, romanziere tra i più amati e acclamati dell’America Latina infine. E di America Latina, soprattutto di America Latina, Soriano scrive e racconta in “Fútbol. Storie di calcio”, libro che raccoglie aneddoti ed episodi legati a un mondo che non c’è più (se mai quel  mondo è davvero esistito). Lo scrittore argentino, nato a Mar del Plata nel 1943 e morto a Buenos Aires all’età di 54 anni, si muove con disarmante disinvoltura lungo una linea a cavallo tra realtà e fantasia, raccontando storie come solo può fare un anziano dopo che ha acceso il suo sigaro davanti al mare.

Storie di calcio come quella sul “rigore più lungo del mondo”, «tirato nel 1958 in un posto sperduto di Valle de Río Negro, una domenica pomeriggio in uno stadio vuoto» e davanti a «un portiere di quarant’anni con i capelli bianchi che gli ricadevano sulla fronte da indio araucano».  O come quella di “Orlando el Sucio”, «cioè lo Zozzo: venne in squadra come allenatore e dichiarò che ci avrebbe guidati a conquistare la coppa, per mano o a calci. “Io sono un vincitore nato”, ci disse. E si stropicciò il naso schiacciato». Ma è davvero esistito Orlando lo Zozzo? E quel rigore più lungo del mondo venne effettivamente calciato in quel posto dimenticato da dio? Sono domande, queste, che sorgono spontanee, interrogativi che il lettore giustamente si pone durante la lettura delle oltre duecento pagine che danno vita al racconto.

Ma è questa la forza di Soriano, è questo l’aspetto più avvincente del suo parlare di calcio ai lettori: la realtà e la fantasia si mischiano e si confondono, fino ad annullarsi l’una nell’altra. Ed è lui stesso a ricordarcelo: «Non amo lavorare troppo né correre per i corridoi di uno stadio, né forse capisco di sport quanto l’incarico richiederebbe. Ma so inventare storie bellissime».

Il calcio di cui parla Soriano raramente viene praticato negli stadi, molto più spesso o quasi sempre viene giocato nelle strade e nelle piazze, nelle favelas e nei campi di terra o pietre, nelle zone più dimenticate del pianeta. In Sudamerica, insomma. È il calcio dei perdenti, dei diseredati, degli sconfitti. Sconfitti nella vita e dalla vita che si prendono una rivincita tirando calci a un pallone.

In “Fútbol. Storie di calcio”, l’autore scrive con la stessa passione e con lo stesso amore sia quando affronta le vicende umane e sportive dei grandi campioni come Diego Armando Maradona: «Maradona è così: non è di questo mondo... Io l’ho incontrato una sola volta in vita mia... Sì, Maradona è così: esiste per la gloria di Dio»; sia quando narra le imprese sconosciute di oscuri portieri, di arbitri improbabili, di allenatori in pensione. Sono tutte storie di calcio, storie di memoria. Sono racconti e descrizioni di personaggi indimenticabili.

Personaggi come “il míster Peregrino Fernández”, «che diceva di aver giocato e di aver allenato a Cali, città colombiana che in Patagonia risuonava misteriosa e suggestiva come Strasburgo o Istanbul»; o come “il figlio di Butch Cassidy”: «Il Mondiale del 1942 non figura in nessun libro di storia, ma si giocò nella Patagonia argentina senza sponsor né giornalisti e nella finale accaddero cose molto strane, come il fatto che si giocò un giorno e una notte senza riposo, che le porte e il pallone sparirono e che il temerario figlio di Butch Cassidy tolse all’Italia tutti i suoi titoli».

E da buon argentino, Soriano non poteva naturalmente ignorare Obludio Varela, il mitico capitano di quell’Uruguay che nel luglio del 1950 condannò il Brasile a vivere l’incubo del Maracanazo. Sono piccoli o grandi eroi i protagonisti dei venticinque racconti nati dalla penna di Soriano. Sono personaggi imperfetti che, come lo stesso autore amava spesso sottolineare, «giocano partite senza fine contro un avversario o la vita».

Ma nessuna partita è veramente infinita. Un finale c’è, c’è sempre. E può essere dramma o commedia.
Ma tocca al lettore scoprirlo.

Osvaldo Soriano
“Fútbol. Storie di calcio”
Einaudi
Pag. 202
9.60 euro

 

Letto 2487 volte Ultima modifica il Giovedì, 25 Febbraio 2016 11:47

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