Venerdì, 29 Marzo 2024

Le parole d’ordine di Gianni Carbone: “Disciplina, ordine ed entusiasmo. In campo come nella vita bisogna rimboccarsi le maniche e risolvere il problema”

Gianni Carbone Gianni Carbone

INTERVISTA - L’emergenza sanitaria ferma il calcio, 11giovani prova a guardare avanti intervistando i protagonisti del nostro calcio. L’allenatore della Cbs 2007, da quest’anno in rossonero dopo una vita al Barcanova: “Non dimentico il passato ma sono arrivato in una grande società. In questo difficile momento cerchiamo di passare tutte le comunicazioni necessarie e trasmettere tranquillità e sicurezza ai ragazzi”


Gianni, presentati brevemente a chi non ti conosce. Qual è il tuo ruolo al Cbs e come ci sei arrivato?

“Da quest’anno sono l’allenatore dei 2007 del Cbs. Dopo tanto tempo al Barcanova quest'anno un insieme di fattori mi ha spinto a lanciarmi in una nuova sfida e sono approdato in una società molto importante e ben organizzata, in cui mi sto trovando decisamente bene. Ci sono tutti i presupposti per fare bene e io ho intenzione di farlo, per la società e per i ragazzi che seguo. Oltre al ruolo da allenatore, mi sto occupando anche dell'aspetto organizzativo, soprattutto riguardo ai tornei della Scuola calcio”.

La tua storia inizia e si articola quasi interamente al Barcanova, là eri una colonna portante. Come ti trovi nella nuova casa?

“Questo passaggio è sicuramente stato importante, il Barca era davvero casa mia, ma quest'anno avevo bisogno di cambiare e la "nuova casa" si sta davvero rivelando un'ottima scelta, stiamo andando nella direzione che desideravo: sto lavorando bene e ripagando la fiducia delle persone che me l'hanno data. Mi sto trovando molto bene”.

Testa e professionalità ora sono dedicate alla nuova maglia ma il cuore dov’è? Lo hai lasciato al Barca?

“Non posso dimenticare quello che è stato, non nascondo il mio passato al Barca e nella mia nuova società sanno da dove vengo. Però spesso si arriva ad un punto in cui bisogna fare delle scelte, l'ambizione c'è sempre, e a volte si arriva a decidere di cambiare. Ora mi sto affezionando, forse è presto per parlare di cuore, ma sicuramente ovunque sono do il massimo. Non dimentico il passato ma vado avanti sulle nuove sfide”.

Cosa ti ha spinto a scegliere e a credere proprio nel progetto del Cbs?

“Avevo già avuto contatti con questa grande società, ho ritenuto che sia il presidente che i componenti della struttura organizzativa rispecchino molto la mia linea di pensiero. Ho avuti altre proposte ma ho scelto questa per tanti motivi: dalla logistica ai valori. Qua non ci sono pressioni sui risultati ma viene richiesto unicamente di lavorare bene: questo sicuramente è uno dei fattori che mi ha spinto in questa direzione. Ha giocato il suo ruolo anche la nostalgia: quando ero ragazzo giocare contro il Cbs era sempre una delle sfide più belle e intriganti”.

Hai parlato di linea di pensiero, quali sono i valori che desideri trasmettere ai tuoi ragazzi?

“Trasmettere dei valori è secondo me un aspetto fondamentale, in una squadra bisogna innanzitutto imparare a comportarsi. A livello di disciplina bisogna essere intransigenti: niente proteste o atteggiamenti spiacevoli inutili, bisogna essere ordinati e rispettosi. L'aspetto calcistico passa in secondo piano rispetto a tutto questo, se mancano educazione e rispetto non si riesce a fare nulla. Uno degli altri valori su cui punto tanto è l'entusiasmo, lo ritengo fondamentale. I ragazzi devono avere piacere e voglia di venire ad allenarsi, a giocare ed essere disponibili a migliorarsi, perché la strada è lunghissima e non si sa dove va a finire... Disciplina, ordine ed entusiasmo sono le parole d'ordine”.

Come vivi la responsabilità di contribuire alla formazione di una nuova generazione di uomini e di calciatori?

“La nostra è una responsabilità enorme. Spesso parlo di come vivere il momento in campo o in allenamento rispecchi molto quello che sarà il futuro, fuori dallo sport: in campo come nella vita non si devono trovare alibi o scuse ma bisogna rimboccarsi le maniche e risolvere il problema. Il calcio è sicuramente una bella valvola di sfogo ma rappresenta anche un modo utile e pratico per imparare ad affrontare le sfide che poi verranno nella vita. Io adesso alleno ragazzi di 12-13 anni, una fascia di età in cui, se parti con il piede sbagliato, il futuro, l'università e il lavoro diventano davvero difficili. Provo a far capire che il calcio deve essere vissuto come una prova generale della vita e che può regalarti un'opportunità enorme”.

Quali sono gli obiettivi per questa stagione, ammesso che la stagione ricominci?

“A livello societario l'obiettivo è sempre quello di fare il meglio possibile in tutte le categorie. Si valuta anche strada facendo, troppi piani all'inizio non sono sempre costruttivi, sappiamo quali sono le premesse e poi lavoriamo su quelle. In base ai risultati che otteniamo volta per volta andiamo a perseguire determinati obiettivi. Ovviamente un'attenzione particolare va alla Scuola calcio, i cui obiettivi sono diversi, non sono legati ai risultati sul campo ma molto più all'educazione, all'organizzazione e ai concetti di campo. La regola e gli obiettivi generali sono sempre quelli di lavorare bene per fare il meglio possibile, far sì che i ragazzi si divertano e siano presenti, migliorare e risolvere i problemi”.

Sul lungo termine invece?

“Il mio obiettivo finale, il mio sogno, è quello di mantenere l'entusiasmo che ho e passarlo il più possibile ai ragazzi riuscendo a farli crescere dal punto di vista personale ed umano prima ancora che calcistico. Sicuramente mi piacerebbe lavorare nel Settore giovanile e in quello organizzativo, senza necessariamente avere un ruolo di responsabilità, ma potendo dare una mano anche in quei termini. Oltre non riesco a vedermi: cerco, come con i ragazzi, di mettere un paletto alla volta”.

Questo momento senza calcio è sicuramente spiacevole, sia dal punto sportivo che, soprattutto, da quello formativo. Come la stai vivendo?

“A livello di società la stiamo vivendo come tutte le altre: cerchiamo di passare tutte le comunicazioni necessarie e trasmettere la tranquillità e la sicurezza di cui la gente ha bisogno in questi momenti. Per i ragazzi ovviamente dispiace, quando uno fa questo lavoro per passione non vedere i suoi ragazzi è un duro colpo. Noi cerchiamo di rimanere in contatto, trasmettendo serenità, sfidando i ragazzi in piccole sfide in solitaria per mantenere il gruppo attivo e unito. Ogni allenatore sta facendo il suo per i suoi ragazzi”.

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