INTERVISTA - Il responsabile del settore giovanile: “L’obiettivo è rimanere in corsa con tutte le squadre, ci stiamo riuscendo. Merito di società, allenatori, staff e giocatori. Io garantisco impegno, disponibilità e passione. Mi piacerebbe una seconda stagione programmata per tempo. Il mio “ufficio” a Mondo Juve? Vero, passano tanti amici”
Mezza stagione alla guida del settore giovanile del Bra - la prima, vera esperienza nel professionismo - è un tempo sufficiente per tracciare un primo bilancio con Gianfranco Perla. Classe ’77, calabrese di nascita e torinese d’adozione, alle spalle la “gavetta” di chi si è fatto da solo: Rangers Savonera, Gabetto (quella vera), Collegno Paradiso, Orbassano, Atletico Mirafiori, Atletico Gabetto, PiscineseRiva, Pinerolo (dove ha gestito la prima squadra di serie D) e ora Bra, di nuovo nelle giovanili. Sono le tappe di una carriera di uno dei personaggi più conosciuti e stimati del panorama calcistico regionale, di un direttore che ragionava da professionista anche in ambito dilettantistico: “questo è il mio lavoro e la mia vita”, dice senza mezzi termini.
Gianfranco, una prima valutazione di questi primi sei mesi a Bra.
“La valutazione è sicuramente positiva, perché sto vivendo un’esperienza entusiasmante in un ambiente serio e ambizioso. Tutte le mattine mi sveglio con il sorriso e con la voglia di fare, questa è la mia vera fortuna, aver fatto della mia passione il mio lavoro”.
Lavorare nel calcio è bello, sicuramente, ma anche pericoloso: alla fine, dipende tutto dai risultati.
“Quasi tutto, perché le persone serie e intelligenti - come il mio presidente e il mio direttore - hanno una valutazione più ampia del lavoro, che dipende anche dal contesto: le condizioni di partenza, il budget, gli obiettivi fissati a inizio stagione. Detto questo, è inutile nascondersi: nel calcio, se perdi, vai a casa”.
Per ora, i risultati del settore giovanile del Bra cosa dicono?
“Dicono che siamo in linea con le aspettative, se non un po’ sopra. Mi spiego. Se uno guarda le classifiche, stiamo facendo fatica, soprattutto con la Under 17, mentre sapevamo che l’Under 16 è una buona squadra e l’Under 15 sta andando anche oltre le aspettative. Ma, come dicevo, bisogna guardare il contesto: il Bra è al suo primo anno nel professionismo, fino alla scorsa stagione le squadre viaggiavano a metà classifica nei regionali, e qualcuna giocava anche nei provinciali. Noi siamo partiti a luglio inoltrato, quando gran parte dei giochi era già fatta. L’obiettivo, concordato con la società, era giocarsela, stare dentro ai campionati. Lo stiamo facendo, alla grande”.
Merito?
“Merito di tutta la società, perché solo negli ambienti sereni e costruttivi si può lavorare bene. Da uomini di calcio come Pietro Sartori si può solo imparare. Merito, tantissimo, degli allenatori: Marco Biancardi, Alessandro Grungo, Elia Fanelli. Posso solo ringraziarli per la professionalità e l’impegno, stanno tirando fuori il 100 per 100 dai ragazzi, a volte anche qualcosa in più. Merito del mio staff, perché Giovanni Russo, che gestisce la scuola calcio, è il mio braccio destro. E uno come Marco Persiano ti aiuta, e non poco, a prendere i giocatori giusti. E poi ovviamente merito loro, dei ragazzi che vanno in campo, e delle loro famiglie, che fanno tanti sacrifici per accompagnarli”.
Tu niente?
“Questo devono dirlo gli altri (risata). Io l’unica cosa che garantisco sempre è l’impegno, ci metto la testa al 100 per cento per prevenire ogni problema, o risolverlo se necessario. Impegno, disponibilità, passione. Poi, con 25 anni di calcio alle spalle, qualcosina ci capirò anche io…”
Prossime tappe, prossimi obiettivi?
“Finora non abbiamo fatto niente. Se da qui alla fine vinceremo qualche partita in più, saremo dei fenomeni. Ma bastano due pali, quelle vittorie che diventano sconfitte, e saremo dei brocchi. Serve equilibrio, anche in un ambiente nevrotico come il calcio. Io voglio che le squadre rimangano dentro a tutte le partite, con testa e cuore, e rimangano in corsa nei campionati, fino all’ultima giornata. Poi faremo i conti”.
Sembra una minaccia.
“Ma no… sai cosa mi piacerebbe davvero? Avere la possibilità di fare un’altra stagione nel professionismo qui a Bra. Primo, perché la società e la piazza se lo meritano. Poi, guardando al mio “orticello”, per poter programmare una stagione con i tempi e nei modi giusti. Non costruendo le squadre di corsa come abbiamo dovuto fare quest’anno. A quel punto, oltre che dall’impegno, avrebbe senso essere giudicato anche dai risultati. Sarebbe un’altra bella sfida”.
Ultima, poi ti lascio alle vacanze e alla famiglia. Ma quella sorta di “ufficio” che hai a Mondo Juve, nel centro commerciale, è realtà o leggenda?
“Tutto vero (altra risata). Qui a Torino, il calcio ha sempre avuto dei luoghi di ritrovo: un bar, una carrozzeria, posti dove vai e trovi sempre qualcuno. A me serviva un posto dove fissare i miei appuntamenti, al mattino, e quello di ritrovarci a Mondo Juve è diventata una piacevole abitudine. Presidenti, direttori, allenatori, amici, passano un po’ tutti da quelle parti, per un caffè e quattro chiacchiere. Al pomeriggio, invece, ormai sono sempre a Bra. E spedo di andarci ancora a lungo, finché non mi cacciano…”